cambiamento organizzativo, competenze manageriale, consulenza direzionale

Quanti modi abbiamo di comunicare noi stessi

Il successo personale si fonda necessariamente su valori quali la chiarezza, la credibilità e la distinzione, seguiti da una intensa attività mirata ai propri obiettivi condivisi, ai quali dare la massima visibilità.

Le dieci regole d’oro per costruire il proprio Personal Brand sono:

1. Diventa il tuo Personal Brand Manager

2. Determina la tua USP (unique selling proposition) (unica proposta di vendita)

3. Ascolta

4. Segui la tua passione

5. Abbraccia l’autore che è in te

6. Costruisci la tua rete di relazioni

7. Sii desideroso di brillare

8. Innova per condurre

9. Sii imprenditore

10.Fatti valere.

Il Web 2.0, i Social Media in generale sono l’ambiente privilegiato per fare Personal Branding.

Clienti e datori di lavoro ritengono le opinioni espresse dai clienti passati e attuali, dai colleghi o dai capi precedenti, molto più affidabili rispetto al Curriculum Vitae o altri personali messaggi di Self-Marketing monodirezionali e autoreferenziati.

Gli elementi sui quali sviluppare il proprio brand sono le abilità acquisite nel tempo e le relazioni interpersonali: colleghi, conoscenti e clienti con i quali ci siamo confrontati possono garantire su professionalità, competenza e personalità sulla base delle esperienze condivise. L’arte di sviluppare questa rete e di sfruttare il potenziale del passaparola ad essa intrinseco si chiama Networking.  Nel campo degli affari quest’arte viene ribattezzata Business Networking o Networking professionale e il suo prodotto, la rete di conoscenze appunto, costituisce il proprio capitale sociale.

La comunicazione è l’asset essenziale per la propria valorizzazione in ambito lavorativo. È importante esprimere al meglio chi siamo e cosa sappiamo fare, per diventare bravi promotori di noi stessi, è importante saper comunicare con efficacia il proprio valore.

Quanti modi abbiamo di comunicare noi stessi?

Sicuramente attraverso la comunicazione verbale, non verbale e paraverbale.

Nel corso degli ultimi anni il web ha contribuito in maniera notevole a fornirci strumenti per comunicare la nostra presenza nel mondo, è facile rendersi conto di quanto sia complessa la gestione del comunicare se stessi e il proprio valore in maniera coerente e allo stesso tempo efficace.

La regola aurea è avere sempre presente il primo assioma della comunicazione “Non si può non comunicare”, cioè tutto parla di noi, comunichiamo per il semplice fatto di esistere e non possiamo farne a meno. Anche chi pensa di non comunicare, in realtà sta lanciando un messaggio ben preciso e, di fatto, sta comunicando.

L’efficacia di un messaggio dipende per oltre il 90% dal nostro aspetto e dalla modalità con cui si dicono le cose e per il restante 10% da ciò che si dice.

Comunicare il proprio valore non equivale quindi solo a parlare, esistono infatti tre codici comunicativi diversi e complementari che vanno tenuti in considerazione: verbale, i contenuti della comunicazione, la parole, il linguaggio, il gergo ecc.; paraverbale, il tono di voce, la velocità dell’eloquio, il silenzio, il ritmo ecc.; non verbale, la posizione del corpo, il contatto visivo, la gestualità, l’abbigliamento ecc. Questi tre codici non sono equivalenti ai fini dell’impatto sull’interlocutore. Ai fini dell’impressione comunicativa, gli aspetti non verbale e paraverbale sono più potenti di quello verbale.

Le parole che sono dette in una qualsiasi comunicazione, una conferenza, un seminario, una lezione scolastica, una riunione o un colloquio di lavoro, rappresentano solo il 7% della comunicazione. 

La comunicazione paraverbale è determinata dalla voce di chi parla e pesa circa il 38%. In particolare per paraverbale si intende: tono volume ritmo, velocità (numero di parole nell’unità di tempo) sottolineature pause.

Il volume della voce dipende dalla distanza tra gli interlocutori, dai rumori presenti e può essere espressione della personalità dell’individuo. Il volume svolge una funzione molto evidente, la persona arrabbiata tenderà ad alzarlo, una persona disperata griderà i suoi messaggi, un messaggio intimo verrà sussurrato. Di solito è anche espressione dell’umore dell’emittente. La velocità nel parlare è il mezzo espressivo, che ad esempio usa una persona tesa o nervosa. Può diventare comunicativa quando viene usata intenzionalmente, ad esempio per mostrare che abbiamo fretta o che non abbiamo molto interesse a farci capire dall’interlocutore. Le pause sono quei fenomeni che interrompono il ritmo di produzione delle parole e sono fondamentali nella comunicazione, sono come la punteggiatura per la comunicazione scritta.

Anche la risata è una manifestazione comunicativa, al contrario, il silenzio è vissuto di solito come la rottura delle regole del comunicare.

L’utilizzo del paraverbale è il primo importante segnale di comunicazione. La capacità di persuasione percepita da chi ascolta varia in relazione a velocità di esposizione, volume del discorso, assenza di esitazioni, sottolineature tonali. La vivacità e la presenza di segni paralinguistici è in grado di aumentare la forza e l’efficacia del messaggio. Per contro l’assenza di questa vivacità viene percepita come indice di scarsa competenza della persona che sta parlando.

Gran parte della comunicazione in presenza è fatta di segnali non verbali. La comunicazione non verbale comprende tutto ciò che passa per i canali tattile, olfattivo, visivo. Nella comunicazione non verbale vengono solitamente distinte diverse dimensioni: la postura, la gestualità, la mimica e la prossemica.

La postura. È la fotografia della posizione corporea, comunica soprattutto la disponibilità o la chiusura, gli stati di difesa e quelli di aggressione. La postura in genere risente dei ruoli che caratterizzano la relazione e la situazione che sta vivendo. Una postura più rilassata è indicazione di una situazione confortevole, di agio, mentre una postura più tesa, con limitati movimenti del corpo indica una situazione di disagio.

La gestualità. Si tratta dei movimenti degli arti, delle mani e delle gambe: giocare con l’anello, pizzicarsi il naso, grattarsi la nuca o aggiustarsi un polsino e numerosi altri comportamenti simili sono tutti segnali che produciamo in modo del tutto inconscio e senza motivo apparente.

La mimica. Si considera l’insieme dei segnali emessi dal volto. È una delle aree comunicative più ricca e articolata: basti pensare ai movimenti della bocca, all’impatto comunicativo degli occhi, alle possibilità espressive della fronte. Il volto è sicuramente il canale più importante della comunicazione non verbale.

La prossemica. Con questo termine si indica l’utilizzo dello spazio e il movimento del corpo rispetto alle altre persone presenti. In particolare la prossemica riguarda l’orientamento e la distanza che assumiamo nello spazio.

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